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Nel campo dell'autonomia privata e della possibilità per anche uno solo dei contraenti di concludere contratti a sé economicamente sconvenienti, l'interrogativo è tradizionalmente risolto nel senso di attribuire ai paciscenti la libertà di effettuare ogni valutazione a riguardo, ritenendosi l'equilibrio economico del contratto affare privato, rimesso, in quanto tale, alla libera determinazione dei consociati. Sennonché, a partire dagli anni novanta del secolo scorso, si può registrare una rinnovata attenzione in dottrina e in giurisprudenza, all'esame della questione se il contratto debba essere economicamente conveniente per tutte le parti, o per una sola di esse. Si riaffaccia così un interrogativo che si pone all'origine dei riferiti nuovi orientamenti e di cui si deve necessariamente tener conto per una ulteriore riflessione, attenta ad indagare, in chiave rimediale, la rilevanza giuridica di quelle turbative della libertà di decisione, tali da poter incidere su di una adeguata valutazione della convenienza dell'affare. In questa prospettiva, la convenienza economica del contratto non si identifica con un ideale astratto di proporzionalità, ne presuppone una oggettiva equivalenza dei valori scambiati, ma si colora di evidente soggettività, divenendo la locuzione più efficacemente descrittiva dell'attuale tensione dell'ordinamento alla tutela della correttezza nei processi formativi dell'accordo.